Intervista a Manfreud
di Emma Biancano Masi - XMusic.it

Milano - 6 settembre 2024

 

 

Siamo andati a trovare Roberto Manfredi, produttore discografico e televisivo, regista, autore, documentarista e scrittore di lunga esperienza.
Ci ha accolto e dedicato questa intervista.

 

Buongiorno Roberto, grazie di avermi concesso questa intervista per Xmusic. Da anni lei si occupa di tecnologia applicata alla creativita' artistica, sia come musicista, produttore che come regista. Si e' occupato di olofonia, olografia e di intelligenza artificiale. Come e' nata questa passione?

A pensarci bene e' stato tutto molto naturale. Da bambino giocavo con i primi registratori portatili Geloso, quello con i tasti colorati. Mentre i miei coetanei giocavano con i soldatini, a me interessava sperimentare dei suoni. Mio fratello Gianfranco invece aveva una macchina da ripresa 8 millimetri per fare filmini casalinghi, nei quali sperimentavamo insieme ''effetti speciali'', magari mettendo davanti all'obiettivo palle di vetro, lenti o vetri colorati. Roba da bambini psichedelici praticamente. Conservo ancora alcune pellicole e i nastri magnetici tratti dai nostri pomeriggi ludici.''

E poi nei primi anni settanta entra giovanissimo nella discografia. Che tipo di tecnologia c'era allora?

Alla Produttori Associati dove ho iniziato, l'unico ad avere un registratore professionale Revox era Tony Casetta, il boss. Noi ascoltavamo i dischi in vinile e le prime audiocassette Basf. Per trovare della tecnologia interessante ed evoluta dovevi andare in sala di registrazione e gia' in quegli anni era scoppiata la mania dell'evoluzione tecnologica sia nella strumentazione musicale che negli apparati di registrazione e di riproduzione sonora. La moda dell'Hi-Fi scoppio' in quegli anni. Quasi tutte le riviste underground musicali, come ad esempio Gong, avevano una rubrica fissa di Hi- Fi, e persino pagine pubblicitarie di ditte come la Basf, Marshall, Moog, Scotch, Sennheiser, Sherwood. Ci interessavano di piu' i prodotti tecnologici che i Jeans o le t-shirt. Quando mi trasferii alla Rca da Nanni Ricordi, mi racconto' che quando inauguro' gli studi Ricordi utilizzava un registratore a 2 piste multitraccia di fabbricazione militare. La registrazione allora consisteva nel registrare su una pista la voce e parte degli strumenti, poi trasferirla sull'altra pista per averne ancora una a disposizione e cosi' via a proseguire per le altre sovraincisioni. Il problema era che a ogni trasferimento aumentava il fruscio, cosi' quando registrarono la canzone ''Sassi'' di Gino Paoli, a forza di trasferimenti da una pista all'altra, il fruscio era aumentato a dismisura. Nanni lo esalto' con il riverbero fino a farlo somigliare al rumore delle onde del mare che si infrangono sulla spiaggia. Geniale, no? Maurizio Vandelli mi racconto' che una delle clausole contrattuali che pretese per il passaggio dell'Equipe 84 alla Ricordi, fu l'obbligo di acquisto di un registratore a 8 piste nei loro studi. Quindi in quegli anni la ricerca era piuttosto lenta, almeno in Italia. Rispetto alla generazione mono degli anni sessanta, noi invece eravamo su un altro pianeta. Avevamo ogni ben di Dio a disposizione, organi Hammond, sintetizzatori Moog, mixer a 24 e a 32 piste con sezioni di tracce automatizzate. Ho visto nascere gli studi Eastlake progettati negli Usa a Carimate allo Stone Castle Studios e alla Polygram a Milano, in cui lavorai nella produzione discografica per quasi due anni. Oggi di tutta quella cultura di ricerca, di sperimentazione e di evoluzione sul suono e nella produzione discografica non c'e' piu' traccia, se non in qualche museo''.

Il suo album ''Machine Symphony'' e' stato prodotto con un mix di cultura analogica, digitale e artificiale. Quale componente ha prevalso di piu' tra le tre?

'Innanzitutto, preferisco chiamarla scienza generativa e non intelligenza artificiale. Artificiale e' un termine che non mi piace, suona come qualcosa di falso, negativo, di scarsa qualita', mi ricorda l'elenco delle sostanze e degli additivi che si leggono su alcuni prodotti di cibo industriale. Rispondendo alla domanda, non c'e' un elemento che prevale sugli altri. Con Paolo Baltaro co- produttore dell'album che ha messo le mani e la testa su ogni traccia, abbiamo cercato di rispettare il massimo equilibrio creativo umano, utilizzando mani e dita fisiche, generatori di prompt, vari incroci di diverse intelligenze generative combinate tra loro, persino strumenti tradizionali ed etnici come il sax, l'udu drum nigeriano e il duduk, antico strumento a fiato armeno. Certo e' stato sorprendente ed esaltante addestrare la macchina generativa fino a farle elaborare un brano per solo pianoforte trascodificandolo in un brano sinfonico con sezioni di archi e ottoni, mantenendo persino un suono praticamente originale e naturale, non artefatto. Paolo e' uno che riesce a riprodurre fedelmente l'acustica della Royal Albert Hall, cosi' come l'ambiente sonoro naturale della Konzerthaus dell'Orchestra sinfonica di Berlino di piazza Gendarmermarkt''.

Il disco e' il secondo capitolo di una sua personalissima trilogia, nata da un libro, vero?

''Si in realta' e' nato tutto qualche anno fa, quando proposi un format televisivo alla rete Focus di Mediaset. Il tema era appunto la Musica del futuro, le sue grandi trasformazioni produttive, estetiche e persino la futura fruizione e il mercato annesso, fino alla quasi scomparsa del diritto d'autore. Il format e' piaciuto alla direzione, ma per problemi di budget seppur sostenibile, non ha avuto seguito. Credo anche che il problema fosse di natura editoriale, nel senso che i canali scientifici preferiscono offrire format sulla ricerca spaziale o su scoperte scientifiche in campo medico, piuttosto che in altri campi d'ingegno. Purtroppo esiste la tradizione anche nella divulgazione scientifica, che poi, a ben vedere, e' un controsenso dato che nella scienza tutto e' in costante mutamento. Da li' avendo raccolto una grande quantita' di materiale, ho scritto un saggio pubblicato da Tempesta Editore sulla Musica del Futuro (lo scenario artificiale), partendo dalla nascita della musica elettronica nel Novecento fino ad oggi, che poi visto l'interesse suscitato, ho tradotto in musica con l'album Machine Symphony che e' essenzialmente dedicato a musicisti che hanno fatto della ricerca sonora la loro vita: John Cage, Philip Glass, Terry Riley, Sakamoto, Vangelis, Eno, etc. Dal disco e' stata realizzata poi la colonna sonora del docufilm ArmonIA che sto realizzando per la Societa' Redshift Art and Culture Publishing di Milano, con la collaborazione di vari atenei italiani, come il Politecnico e lo Iulm di Milano, Tor Vergata di Roma e il Polimi di Cremona. Ho sempre pensato che una buona idea debba rigenerarsi di volta in volta, attraverso vari modelli di applicazione produttiva: libri, dischi, format tv e radiofonici, eventi, concerti, docufilm. persino mostre. In fondo faccio tesoro di una vecchia dichiarazione di Frank Zappa che recita: L'arte della composizione per me, e' l'arte di mettere insieme qualunque cosa. L'imballaggio e' in certa misura un'estensione dell'opera stessa. Se la persona che si porta a casa uno dei miei prodotti ha abbastanza senso della prospettiva da mettersi a sedere ed osservare l'intero imballaggio, beh, penso che scoprirebbe alcune idee rivoluzionarie, piuttosto carine. Questo diceva Zappa nei primi anni settanta in Rock and other Four Letter Words, e a maggior ragione penso sia valido ancora adesso, dato lo stato degradante in cui versa la Cultura contemporanea''.

Lei non vede alcun pericolo nella rivoluzione artificiale? Non crede che si stia andando verso la scomparsa naturale della creativita' umana?

''Il pericolo c'e', ma non dipende dalle macchine quanto dall'uso corretto o distorto che se ne fa, quindi dipende sempre ed esclusivamente da noi. La mia filosofia e' quella di rieducare gli algoritmi, ricomporli secondo un criterio culturalmente evoluto. Faccio un esempio molto semplice per capirci meglio. Prendiamo in esame l'algoritmo di Facebook che a mio avviso secondo il suo personalissimo quanto sbagliato criterio, stabilisce che per rispettare lo standard della community, una immagine che esprime inequivocabilmente la sessualita' e' inappropriata e nociva. Dato che l'algoritmo non ha alcuna formazione culturale, agisce istantaneamente con la censura, trattando allo stesso modo un nudo artistico come una immagine pornografica. A me e' successo. Sono stato sospeso da Facebook per una settimana dopo aver postato un'opera di un noto nudo di Modigliani. Opera scambiata da FB per la pagina centrale di Penthouse o di una rivista porno. Rieducare gli algoritmi quindi, significa, in ambito musicale, fornire all'uomo la possibilita' totale di addestrare la macchina artificiale per evolvere la sua composizione e la sua scrittura, non viceversa, vale a dire algoritmi che plagiano e clonano brani celebri secondo un click e una semplice richiesta. Tipo ''Fammi un brano alla Pink Floyd il cui testo parla della luna''. Purtroppo esistono piattaforme di pura clonazione che oltre a piratare il diritto d'autore addestrano le nuove generazioni a rubare, piuttosto che a inventare e a creare. E' questo e' criminale. La rieducazione degli algoritmi pero' non passa solo attraverso le aziende, ma dovrebbe essere regolamentata dai Governi, e qui casca l'asino, perche' la politica viaggia come un monopattino mentre la tecnologia viaggia alla velocita' della luce nel vuoto. Dall'altra parte assisto anche al degrado intellettuale della nota community, dove per affezione al generico e al giudizio improprio, si tratta la scienza generativa come una minaccia anziche' una risorsa, indipendentemente dal tipo di utilizzo. Il nuovo e il futuro fanno sempre paura, dato che fanno parte dell'ignoto, mentre il passato che gia' conosciamo e' molto piu' tranquillizzante. Nulla di nuovo. Oggi la fobia verso la robotica assomiglia alla fobia verso gli alieni negli anni '50. Musicalmente parlando, quando furono messi in vendita i sintetizzatori per il consumo popolare, il Parlamento inglese fu a un passo da vietarne l'uso ritenendolo una minaccia per i musicisti tradizionali. Fortunatamente non avvenne, altrimenti on avremmo mai potuto ascoltare Keith Emerson, tanto per fare un nome, Comunque sia, piu' che allarmarsi, bisogna studiare e agire con coscienza anche perche' il futuro non si ferma con un click''.


Il CD di Machine Symphony di Manfreud e' disponibile presso Banksville Records Distribution.

 

Roberto Manfredi ha scritto decine di format e programmi televisivi dalla seconda meta' degli Anni Settanta a oggi e oltre cinquecento interviste ad artisti nazionali e internazionali della musica, del cinema e dello spettacolo. Ha pubblicato sei libri per varie case editrici: Talent Shop (Arcana Editrice, 2010), Nu Ghe ne' (Wannabo, 2012), e Odio il brodo (Wannabo. 2013), Cesare Monti, l'immagine della Musica (Crac Edizioni, 2018), Skanzonata (Skira, 2016) e Artisti in Galera (Skira, 2018). Da quest'ultimo e da The Show Must Go On ha scritto e condotto venti puntate radiofoniche sulla rete tre di RSI (Radio Svizzera Italiana).

 

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